Dopo il grande successo de Il Barbiere di Siviglia diretto da Martone- Gatti, il Teatro dell’Opera di Roma tenta il bis con La Traviata di Giuseppe Verdi. Pur essendo l’opera più amata e conosciuta in tutto il mondo, La Traviata è anche una delle più difficili in assoluto per il ruolo di Violetta. È un’impresa che riesce alla perfezione molto raramente. Per interpretare Violetta servono tutte colorazioni e le sfumature che caratterizzano la voce del soprano. Forse per questo La Traviata dopo la scomparsa di Maria Callas, è stata assente nei grandi teatri per molto tempo . Violetta è un personaggio dalle mille sfaccettature, il suo modo di cantare cambia continuamente, dal leggero, al lirico, al drammatico. In Violetta ci sono tutti, non per niente, viene definita “l’opera ammazzasoprano”. Da un po di tempo nel mondo della lirica c’è carenza di voci belle, quelle voci che hanno fatto la fortuna del melodramma in tutto il mondo. Recentemente invece , La Traviata, è molto rappresentata, e i risultati, a causa delle sue caratteristiche, spesso sono deludenti. Per ovviare si chiamano grossi nomi per fare la regia, solo due anni fa lo stesso teatro ha allestito La Traviata affidando la regia a Sofia Coppola, ma i risultati non sono stati eccellenti. Non sono un fine musicologo, ma l’orchestrazione del Maestro Gatti, mi è sembrata molto frettolosa, poco incisiva. Infatti il momento di “Amami Alfredo” è stato talmente veloce, con zero pathos, che è passato quasi inosservato. Anche la compagnia non mi è sembrata all’altezza, tranne, ma non sempre, Lisetta Oropresa , Violetta. Mi è piaciuta molto invece la regia di Martone, che ci presenta nelle uniche scene esterne ,una Parigi “diversa dal solito”,infatti siamo a Roma, sia quando Alfredo insegue Violetta, che nel duello col Barone, girato a Caracalla. A differenza del Barbiere di Siviglia, girato esclusivamente all’interno del teatro, in Traviata, Martone sfrutta tutti gli altri ambienti che rappresentano la casa di Flora. Già dall’inizio vediamo chiaramente il mestiere che fa Violetta, e quello che succedeva realmente in quelle feste. Martone ci mostra una Traviata da varie angolazioni e attraverso i primi piani ne sottolinea la tragicità. Le scene sono essenziali, prive di fronzoli, così anche i costumi, sobri e senza sfarzo alcuno. Nonostante il frettoloso “Amami Alfredo” il secondo atto è caratterizzato dalle scenografie, residue dell’allestimento di Sofia Coppola, che Germont Padre tira giù, a simbolo della distruzione dei sogni di Violetta. Qualche dubbio interpretativo sulla scena finale ci sta. Violetta muore, da sola, davanti all’orchestra, e si accascia con le braccia che pendono nella buca. È solo un sogno di Violetta, l’arrivo di Alfredo e del Padre al capezzale? È una sua immaginazione dovuta al delirio della morte? In qualsiasi modo lo si voglia interpretare, è il momento con più pathos di tutto il film.